Alcara li Fusi (Larcara in siciliano) si trova sulle pendici dei Nebrodi. Secondo la vulgata locale l'attuale borgo nacque dal progressivo abbandono di insediamenti posti più a monte. Il primo vero riferimento storico dell'esistenza di Alcara è dato da un documento del 1096. Da notare che il quartiere più vecchio del paese, sorto ai piedi del castel Turio (oggi una torre su di uno sperone roccioso, malamente ricostruita di recente su un rudere preesistente) prende il nome di Motta che è da riferirsi al modello tipico delle fortificazioni normanne e francesi che prevedevano una torre detta donjon (mastio) circondato da una cinta muraria detta motte.
Nel XV secolo è attestata una comunità ebraica, probabilmente più antica e particolarmente consistente in questa zona dei Nebrodi, confermando che ad Alcara erano centro di scambi commerciali ed economici. La comunità sarà scomparsa o quasi nel XVII secolo con l'espulsione dalla Sicilia di tutti gli ebrei non convertiti. Nel 1812 prese il nome di Alcara "Li Fusi" in quanto centro di produzione dei fusi adoperati per la filatura. Sono attestate nell'Ottocento delle varianti come "Alcara de fusa", "Alcara dei fusi", "Alcara de li fusi" e "Alcara delle Fusa". Tale denominazione fu dovuta alla necessità di distinguere questo centro abitato da un'altra "Alcara" o "L'Alcara" che per gli stessi motivi prese il nome di Lercara Friddi.
Il 17 maggio 1860, Alcara fu interessata da una rivolta contadina che ha anticipato quella simile e più famosa di Bronte. I braccianti esasperati da condizioni di vita disperate, nutrendo aspettative di riscatto e giustizia sociale per la notizia dell'imminente arrivo dei garibaldini, assaltarono il "casino dei nobili" trucidando con falci e coltelli numerose persone tra cui un bambino. I garibaldini, sopraggiunti, imprigionarono alcuni dei rivoltosi che, dopo un rapido processo, furono giustiziati. L'episodio è al centro del capolavoro dello scrittore Vincenzo Consolo ‘Il sorriso dell'ignoto marinaio’.
Il vasto territorio di Alcara, ora abbastanza disabitato, ma in passato interessato da un insediamento sparso legato all'agricoltura ed alla pastorizia presenta un gran numero di toponimi riferite a contrade agricole o specifici luoghi, interessanti per la loro difficile etimologia, come ad esempio Mangalavite, Papaleo, Calanna, Calamoni, Ciraseri, Vignazza e Lemina.
Ad Alcara li Fusi è sopravvissuta, fino a pochi anni, una delle ultime tradizioni di musica polivocale della Sicilia con un repertorio di canti tradizionali eseguiti senza l'accompagnamento strumentale ma semplicemente accordando tra di loro le diverse voci dei vari cantori che si accavallano nell'esecuzione. Tali canti coprivano un vasto repertorio ed erano eseguiti in vari occasioni durante l'anno, anche se una rilevanza particolare assumevano quelli eseguiti durante la Settimana Santa.
Meritano sicuramente una visita il Convento dei Cappuccini, fondato nel 1574, il Monastero di Santa Maria del Rogato, di San Barbaro di Demenna, il ponte in Pietra sulla fiumara Rosmarino, la Fontana Abate nel centro del borgo ed infine la Grotta del Lauro e le Rocche del Crasto.