Tra fertili colline bagnate dalla brezza del mare e brulli calanchi, sorge il ridente e svettante borgo di Atri.
Noto agli autori greci e latini come la forte e valorosa Hatria Picena, le sue origini risalgono addirittura all’Età del Ferro (X-XI secolo a.c.), come dimostrato dai numerosi ritrovamenti archeologici.
Cenni storici
Hatria era una potente città facente parte della V Regio del territorio Piceno, tra le prime ad emettere una moneta propria fusa in bronzo siglata HAT sin dall’epoca preromana (IV-III a.c.), custodita oggi presso i Musei più importanti del mondo.
In virtù del suo rilevante status sociale e commerciale fu tra le prime città ad allearsi con i romani già nel 289 a.c., svolgendo un ruolo preponderante nell’espansione di quello che sarebbe stato il futuro impero. Attraverso la formula togatorum, Atri aiutò Roma nel momento più delicato della sua affermazione fornendo numerosi militi, tra cui si distinse Publio Salvieno, della famiglia dei Publii, la stessa dell’imperatore Publio Elio Adriano.
Per via della sua importanza strategica e commerciale, si ritiene che la città abbia dato il nome al Mar Adriatico (Hadria, Hadriaticum). Il geografo greco Strabone ricorda la presenza di un approdo marittimo sulla costa al servizio della retrostante città, i cui fiorenti commerci consentirono sin dai primordi un’apertura di ampio respiro su tutta la cultura del Mediterraneo. Attraverso le cosiddette anfore hadrianai, che Plinio descrive come tenuitas e firmitas, si commerciava olio e in particolar modo vino, tanto apprezzato dai medici greci a scopo medicamentoso, ottimo per l’apparato digerente e reclamato sin dall’Egitto come mostrano i papiri rinvenuti.
Polybio narra che Annibale guarì i propri cavalli e il suo esercito, affetti da scabbia, con del vecchio vino piceno, varcando il territorio Pretuziano e Adriano. Anche le antiche monete recano un repertorio iconografico legato al mare, delfini, razze, anfore vinarie, tutti elementi che caratterizzavano la città sin dal IV secolo a.c.
Nel VI secolo a.c. Atri si alleò alla confederazione picena facente capo ad Ascoli Piceno, come testimoniano le affascinanti sepolture rinvenute in località Colle della Giustizia e Pretara. Si tratta di vere e proprie necropoli, trentacinque sepolture di uomini, donne e bambini, con il proprio corredo. In questo periodo Hatria era uno dei quattro empori marittimi presenti sull’Adriatico insieme a Spina, Numana e Porto Trebbia, aperta a tutta la cultura del Mediterraneo sin dai primordi.
Del periodo preromano si conservano importanti e monumentali cisterne di epoca repubblicana (IV secolo a.c.) nei sotterranei della Cattedrale di Santa Maria Assunta e altri sistemi idrici tutt’oggi efficienti e funzionanti come le rinomate fontane archeologiche.
Durante l’età imperiale, quando salì al torno Adriano, Atri visse il suo periodo di massimo splendore.
L’imperatore ebbe particolare cura della propria patria d’origine. Ancor oggi il corso principale della città è a lui intitolato.
Qui viveva la gens Aelia, da cui il nome stesso dell’imperatore Aelio Hadrianus, in una porzione di territorio identificato come Ager Hatrianus che un tempo si estendeva a nord fino al fiume Vomano, a sud fino al fiume Saline, tra il Mar Adriatico e le pendici del Gran Sasso d’Italia e che oggi ricalca in parte le cosiddette Terre del Cerrano.
In epoca medievale, Atri divenne uno dei centri storicamente e culturalmente più importanti dell’Italia centro-meridionale, grazie al Ducato degli Acquaviva. In occasione delle lotte tra gli Svevi ed il Papato Atri, per prima tra le città del Regno, si schierò dalla parte guelfa.
Per la fedeltà e disponibilità della città al servizio della Chiesa, nel 1251 Papa Innocenzo IV accordò ad Atri il diploma di istituzione della Diocesi e di autonomia comunale, con territorio corrispondente a quello dell’antico agro coloniale romano.
Fu in questo periodo che l’antica Ecclesia di Sancta Maria de Hatria venne elevata a titolo di Cattedrale, con una lunga stagione di restauri ed opere artistiche di elevato pregio che si conclusero con gli splendidi portali del ‘300 ad opera di Raimondo del Poggio e Rainaldo d’Atri, della cosiddetta Scuola Atriana, una nota bottega di origine antichissima di cui si trovano tracce architettoniche e scultoree in tutto l’Abruzzo.
Nella contesa del territorio tra Papato e Regio demanio, Atri dal 1393 divenne sede del Ducato degli Acquaviva, una delle sette casate più importanti del Regno Napoli, che qui stabilì la propria sede a controllo di un territorio molto ampio, sorvegliato sulla costa dalla rinomata Torre del Cerrano.
Il borgo
Il centro storico di Atri è costellato di monumenti, palazzi signorili, musei, caratteristici vicoli e piazze che ruotano intorno al corso principale Corso Elio Adriano, intitolato all’omonimo imperatore, sotto il quale giacciono ancora le antiche strade in basolato romano e pregiatissimi mosaici appartenenti alle ricche domus, in parte recuperati.
Qui si affacciano splendidi edifici religiosi ed imponenti Palazzi nobiliari che vanno dal periodo rinascimentale, Barocco, Neoclassico sino allo stile Liberty di cui si conservano pochi esemplari in Italia.
Cinta da possenti mura che rammentano barbarie e sanguinose piraterie, nella parte nord della città si estende quello che ad oggi è un piacevolissimo percorso belvedere che spazia contemporaneamente dal mare alla montagna, a 442 metri s.l.m., che ci conduce fino all’unica porta superstite della città: Porta San Domenico recante lo stemma della casata Acquaviva d’Aragona con un leone rampante coronato, rievocando tacitamente tutta l’eleganza e la bellezza del tempo.
Numerosi gli eventi tradizionali nel corso dell'anno e i prodotti tipici che si possono degustare nel territorio e nel borgo.
Tra i più famosi il formaggio pecorino d'Atri, gli arrosticini, il miele, la liquirizia, i maccheroni con la mollica, l'olio e il dolce Pan Ducale. Tra i vini ricordiamo il Montepulciano d'Abruzzo, il Trebbiano e lo Chardonnay.