La storia di Barberino Val d'Elsa, in Toscana, è legata alla distruzione di Semifonte da parte dei Fiorentini nel 1202. Il suo sviluppo, invece, al fatto di essere sulla Strada Regia Romana che collegava Firenze con Roma. Il borgo è caratterizzato da una forma simile ad un fuso allungato, all'interno del quale la strada principale arriva fino al centro collegando i due maggiori punti di accesso alla città. Entrando dalla Porta Senese a sud, abbastanza ben preservata, ci troviamo in via Francesco da Barberino, dove ci sono diversi edifici interessanti dai bellissimi portoni di legno e dalle pareti in limpida pietra che, secondo le leggende, sono proprio quelle delle macerie di Semifonte. Alla sinistra dell'entrata si trova il Palazzo del Cardinale, dove sulla porta d'ingresso è possibile vedere lo stemma delle api, quello appunto dei Barberini, la potente famiglia di Papa Urbano VIII. Proseguendo per la via principale, incontriamo sulla destra il Palazzo Pretorio, attualmente prepositura di San Bartolomeo, con facciata rinascimentale decorata con i 35 stemmi gentilizi appartenenti alle famiglie più importanti di Firenze, perlopiù scolpite in pietra serena con qualche esempio in ceramica invetriata di fattura robbiana. La caratteristica disposizione urbanistica ci fa ammirare la parte posteriore della Chiesa di San Bartolomeo.
La posizione di Barberino sul crocevia che conduce verso la via Francigena ha sempre fatto di questo borgo un luogo di accoglienza e riposo dei viaggiatori e i suoi abitanti si prendevano cura dei pellegrini. Infatti nei pressi della Porta Fiorentina si trova lo Spedale dei Pellegrini, fatto costruire nel 1365 da Taddeo di Cecco, figlio del notaio poeta Francesco da Barberino. Restaurato recentemente l'antico edifico è caratterizzato da un bel portale trecentesco archiacuto che si affaccia sull'omonima piazzetta. Continuando a camminare, si raggiunge la Chiesa di San Bartolomeo.
Nel suo territorio possiamo incontrare il sito archeologico medioevale di Semifonte, che derivava il proprio nome dalla corruzione del latino summos fons, sorgente sull’altura, dato che si collocava proprio sulla sommità di una collina. Semifonte conobbe in un breve volgere di tempo la nascita, la potenza e il definitivo oblio. Nel 1181 il conte Alberto degli Alberti, per contrastare l’espansione fiorentina, intraprese la costruzione di una fortezza che dominasse la Via Volterrana e la Via Francigena: questo castello in breve tempo si trasformò in un potente borgo, difeso da tre chilometri di bastioni, con quattro porte, un mastio, sette chiese e trecento abitazioni. Fin dall’inizio Firenze, allarmata dalla collocazione strategica della nuova fortezza, tentò in ogni modo di contrastarne la crescita, ma lo sviluppo urbanistico ed economico del nuovo insediamento fu rapidissimo, tanto che all’epoca a Semifonte si cantava “Va Firenze, fatti in là che Semifonte divien città”. Anche Dante, nel Paradiso, la cita come centro di primaria importanza. «Se la gente ch'al mondo più traligna non fosse stata a Cesare noverca, ma come madre a suo figlio benigna,tal fatto è fiorentino e cambia e merca, che si sarebbe volto a Simifonti, là dove andava l'avolo alla cerca». (Dante Alighieri, Paradiso XVI,58-63)
Firenze non poteva permettere che i Semifontesi, combattenti coraggiosi ed abili mercanti, si espandessero a sue spese, e non interruppe mai le ostilità. In un primo momento Semifonte poté godere dell’aiuto delle piccole città limitrofe, come Colle e San Gimignano, contrarie all’egemonia fiorentina, ma nel 1200 anche il conte Alberto IV, per salvare il resto dei suoi domini feudali, si accordò con il Comune di Firenze vendendogli per quattrocento libbre la sua metà dei diritti sul castello. L’isolamento diplomatico e la carestia, l’uso di terribili macchine da guerra e il fuoco greco portarono, infine, nel 1202, alla resa della fortezza. Gli abitanti ebbero salva la vita, ma la città fu rasa al suolo pietra su pietra. La demolizione si protrasse per anni e il materiale lapideo fu recuperato ed impiegato per erigere una potente cinta muraria a Barberino Val d’Elsa. Alla distruzione sopravvisse solamente l’odierno abitato di Petrognano, poiché si trovava fuori dal circuito murario della città: si tratta del cosiddetto “Borgo”, che in realtà doveva essere anch’esso fortificato, e che durante l’assedio fu conquistato per primo dalle milizie fiorentine. Vi si possono vedere oggi le strutture di tre case - torri e di alcuni bastioni.
Di Semifonte non rimase nemmeno la memoria. Per quattro secoli rimase in vigore la legge che vietava di costruire sulle terre dove era sorta Semifonte, finché nel 1597, su progetto di Santi di Tito e per volontà di Giovanni Battista di Neri Capponi, che ottenne dal Granduca Ferdinando I una speciale deroga, fu eretta, ove un tempo si trovava la piazza centrale del paese, una cappella a pianta ottagonale dedicata a San Michele, che riproduceva in perfetta scala di uno a otto quella di Santa Maria del Fiore di Firenze, innalzata dal Brunelleschi.
Della città restano nascosti dalla vegetazione alcuni ruderi quali fornaci e alcune cappelle contenenti sorgenti. Molto bella la cosiddetta Fonte del Latte.