Il borgo di Lama dei Peligni si trova in Abruzzo, all'interno del Parco Nazionale della Majella. Il nome ha origini pre-latine, e proviene dalla parola "lama" che letteralmente significava "lamatura", cioè "terreno dove l'acqua ristagna"; successiva è da ritenersi l'aggiunta riferita al popolo italico, i Peligni appunto, che si sarebbe spinto sino al territorio del fiume Aventino, vicino al quale sorge il borgo.
Il territorio fu abitato sin dall'epoca preistorica, come testimoniato ampiamente da una serie di pitture rupestri rinvenute nelle grotte della zona e dai resti di un villaggio di epoca neolitica. In età romana, la zona fu abitata dalla tribù italica dei Carecini, di derivazione sannita, distribuita nei centri abitati principali di Cluviae e Juvanum.
Il periodo del Medioevo si caratterizzò per la presenza di alcuni ed eremi, presso cui dimorarono asceti e santi; tra i tanti va menzionato il Beato Roberto da Salle, discepolo di Celestino V, alloggiato presso il locale Eremo di Sant'Angelo.
Lo sviluppo del paese nel campo della produzione della lana si ebbe a partire dall'epoca rinascimentale.
Il paese fu completamente distrutto da violenti terremoti e nella Seconda guerra mondiale; entrato a far parte della Brigata Majella, il paese fu liberato dai tedeschi il 31 gennaio 1944.
Nei pressi è sita la Grotta del Cavallone in cui Gabriele D'Annunzio ambientò La figlia di Iorio.
Meritano una visita il Museo naturalistico archeologico "Maurizio Locati" e il Giardino botanico "Michele Tenore".
La Figlia di Iorio di Gabriele D'Annunzio
Il borgo è famoso per esser stato scelto da Gabriele d'Annunzio, assieme alle Grotte del Cavallone, come scenario della sua tragedia La figlia di Iorio. Lama dei Peligni nella storia è abitato da pastori, tra i quali vi è la famiglia di Lazaro, proveniente da Roio del Sangro, che sta per festeggiare il matrimonio del giovane Aligi, figlio del capofamiglia, con una popolana locale. Tuttavia Aligi rifiuta la sua amata, perché s'innamora della contadina Mila, che salva da un linciaggio di pastori, perché creduta una strega che porti male.
Nell'opera d'Annunzio evidenzia molto l'aspetto del paese e dei suoi abitanti, che fondano le loro certezze nelle credenze religiose del cristianesimo e del paganesimo, e che non esitano a considerare l'estraneo come un essere maligno che voglia portare la sventura nel paese.