Spigno Monferrato è un piccolo comune in Val Bormida adagiato su uno sperone roccioso, lambito da due fiumi. Si trova in Provincia di Alessandria ai confini con la Liguria ed è compreso nell’alto Monferrato a ridosso delle Langhe. È un borgo ricco di storia, con ampie testimonianze del passato. Presenta un paesaggio variegato, talvolta aspro, dove si impongono visivamente i calanchi. Sono tuttavia presenti ambienti fluviali (Fiume Bormida e Torrente Valla), noccioleti, vigneti, boschi e pascoli. E’ meta di turismo sostenibile, grazie a percorsi escursionistici con ottimi panorami, accoglienza di gran qualità, cucina secondo l’antica tradizione contadina, monumenti e opere d’arte.
La storia
Il paese di Spigno e il suo territorio hanno una storia antichissima: il ritrovamento di alcune asce di pietra del Neolitico (6000-3000 a.C.) indicano che già in epoca preistorica la zona era frequentata, ma il primo nucleo abitato del paese risale all’epoca romana: ne sono prova alcuni ritrovamenti archeologici tra i quali lapidi con iscrizioni dedicatorie, indicative dell’esistenza di un insediamento piuttosto popolato e importante, nel quale vivevano personaggi abbastanza illustri da meritare un’epigrafe che ricordasse i loro meriti. Il villaggio sorse probabilmente lungo la via Aemilia Scauri, che collegava Derthona (Tortona) con Vada Sabatia (Vado Ligure) e che ricalcava il percorso di una delle “Vie del sale”, le strade che da tempi lontanissimi mettevano in comunicazione l’interno della Pianura Padana con la costa ligure, permettendo lo scambio di merci con il sale, prezioso per la conservazione degli alimenti e per la concia del pellame.
Nel Medioevo, Spigno fu dominato dai marchesi del Monferrato e successivamente dal Ducato di Milano, che amministrò il territorio attraverso i Marchesi Del Carretto. Quando alla fine del 1500 il casato Del Carretto si estinse, l’intero feudo passò sotto il dominio degli Asinari, cui rimase fino al 1724, per essere quindi venduto ad Amedeo II di Savoia.
Ancora oggi il centro storico del paese si raccoglie attorno alla chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio e allo spazio fortificato del castello, costruito dai Del Carretto e distrutto dai Savoia nel XVII secolo: i suoi ruderi superstiti e il profilo della chiesa si stagliano alla sommità dello sperone di roccia tra il torrente Valla e la Bormida di Spigno sul quale sorge il borgo, dalla caratteristica forma ‘a cuneo’.
Il centro storico conserva ben visibile l’impianto urbanistico medievale, con case alte e strette, vicinissime tra di loro e separate da strade molto piccole, edificate su più livelli di ‘terrazze’, circondate da mura di protezione, di cui restano ancora oggi alcune tracce. A queste si sono sovrapposti e mescolati edifici di varie epoche con alcuni bei palazzi appartenenti alle famiglie nobili o dell’alta borghesia che vivevano o venivano in villeggiatura a Spigno, per molti anni il paese più importante del circondario. Alcune di queste abitazioni signorili conservano portali in pietra scolpiti e decorati, eleganti balconcini e lussureggianti giardini pensili (tratto da Eleonora Grillo).
Da segnalare due fatti storici verificatisi nel XVII secolo. Il processo per stregoneria avvenuto nel 1631 e 32, ai tempi della peste del Manzoni. Questa, che si credeva essere provocata da persone, trovava una spiegazione molto più accettabile di quanto non risultassero il castigo divino o le perfide congiunzioni astrali, ecc. Individuare i colpevoli, chiarire la loro strategia, individuarne le armi, consentiva di avere un atteggiamento attivo, esercitare una difesa, trasformando il terrore in odio. Il 9 luglio 1631 il Procuratore fiscale della Curia riferì al Vicario foraneo Giovanni Verruta la denuncia di “cristiani e cristiane poco timorate di Dio ….”.
L’accusa era stata levata contro persone abitanti fuori dal borgo, per la precisione alla Rocchetta. Da lì in poi ogni passo seguì la procedura prevista: interrogatori, testimonianze, ulteriori accuse sulle basi di dichiarazioni soggettive, tortura. Nel contempo si accentuavano i contrasti tra i due poteri; il potere temporale del Marchese, che voleva procedere all’esecuzione delle “streghe” per pressioni da parte della popolazione, desiderio di vendetta, paure; dall’altro il potere ecclesiastico, che reclamava a sé stesso l’idoneità e la capacità di esaminare questioni di eresia, stregoneria e, eventualmente, procedere ad una condanna. La giustizia ecclesiastica si dimostrava in sostanza più prudente, moderna, rispettosa della procedura, ingiungendo alla giustizia laica di astenersi dalle esecuzioni. Le accusate, però, imprigionate sotto la giurisdizione del Marchese, nel frattempo morirono, non si conosce per quali cause.
Altro fatto storico rilevante avvenne nel 1659. Era frutto di un’apra e lunga contesa tra la Comunità di Spigno e il marchese Federico Asinari Del Carretto. Il borgo era amministrato come un Comune, di cui conserviamo gli Statuti originali scritti in volgare, tuttavia faceva parte del Marchesato di Spigno, la cui nomina era imperiale. Tra il 20 e il 23 gennaio la storia locale (Francesco Ramondini 1847, Francesco Nano 2005, Antonio Visconti 2017) riporta l’”Episodio dei Farabutti”. Si tratta di un progetto del Marchese Federico Asinari di trucidare tutta la popolazione spignese raccolta in processione il giorno 20 gennaio. Il piano fu scoperto e la popolazione fu informata del pericolo, con la raccomandazione di non uscire di casa. Seguì un conflitto tra i mercenari di Federico e i giovani spignesi, con l’aiuto delle truppe savoiarde; questi, vittoriosi, indussero i persecutori alla fuga con vistose perdite. Spigno venne liberata dal malgoverno del marchese Federico.