Dichiarate monumento nazionale nel 1989 le antiche concerie bosane erano collocate sulla sponda sinistra del fiume Temo. Costruite nella prima metà dell’Ottocento lontano dal centro abitato per via dei cattivi odori prodotti durante le prime fasi di lavorazione, ma abbastanza vicino al fiume per l’approvvigionamento idrico. A poca distanza dal Ponte Vecchio, “Sas Conzas” (le concerie), costituiscono un importante esempio di architettura industriale sarda. Gli edifici, articolati su due piani, si distinguono sia per la loro disposizione a schiera, sia per la semplicità dell’architettura esterna caratterizzata dalla tradizionale facciata decorata con trachite rossa. Al pianterreno si trovavano, oltre ad un pozzo e alle presse, le grandi vasche in muratura rivestite in legno nelle quali venivano immerse le pelli. Al piano superiore, collegato a quello inferiore da una scala in legno, erano collocati un piccolo ufficio, nel quale si curava l’amministrazione delle attività, e le macchine per la rifinitura. La tradizione conciaria a Bosa risalirebbe almeno ai tempi dei Romani, se non addirittura più antica, e sarebbe perdurata fino alla metà del Novecento quando l’ultima conceria chiuse definitivamente i battenti. La produzione era all’avanguardia e molto apprezzata nella penisola e all’estero e si specializzò ben presto nella produzione della “vacchetta”, utilizzata fra l’altro nel campo della rilegatoria. All’interno del complesso delle concerie, da Marzo 2011 è aperto il nuovo Museo Civico dedicato all’attività conciaria che impegnava gli operai bosani a partire dalla fine del ‘700 fino al 1962, anno in cui chiuse l’ultimo laboratorio.