Dopo l’anno 1000 i Normanni Drengot, divenuti beneficiari del feudo, trasformarono la città e la rudimentale torre longobarda in fortellicium, ossia fortezza, composta da un vero e proprio castello in pietra di tufo sorto vicino alla porta sud e da un sistema di rafforzamento del kastron mediante contrafforti e torri di avvistamento; Roberto Drengot, conte di Alife, Caiazzo, Airola e Sant’Agata de’ Goti, stabilì nel castello la sua dimora di fronte alla cappella comitale, ai piedi della quale si vede ancora oggi la cava di fabbrica detta “la fossa”.
Le torri quadrangolari normanne oggi si percepiscono ancora: il castello conserva traccia degli ambienti altomedievali al piano terra, mentre all’esterno è evidente il corpo aggettante aggiunto nell’Ottocento con una serie di botteghe. Nella corte interna si ammirano ancora i bellissimi decori murali a motivi geometrici quattrocenteschi e le modifiche cinquecentesche, realizzati per trasformare la fortezza in residenza nobiliare di prestigio: pare infatti che in epoca angioina vi fosse ospitata per qualche tempo Giovanna I, regina di Napoli e di Provenza, protettrice del feudatari “Artus” di stirpe cadetta, provenienti da quella terra. Dopo il 1400, estinti gli Artus, il castello fu abitato alternativamente dai De la Rath, dai Cossa, e dagli Acquaviva. Nel Cinquecento, allo scopo di rafforzare la difesa verso est, fu realizzata una nuova torre circolare usata come prigione fino ai tempi moderni. La superficie su cui si estende il castello è pari a più di 3000 metri quadrati: a ridosso della porta sud, attuale piazza Tiziano Della Ratta, doveva essere lo spazio riservato all’addestramento equestre e alla preparazione dei soldati.
Nel 1696 la famiglia Carafa della Stadera di Maddaloni acquistò il castello già molto rimaneggiato come premio del re per la fedeltà e la lealtà dimostrata nel tempo: ai Carafa, famiglia napoletana nata nel Trecento, suddivisa in varie discendenze in base ad attività e fortune, era infatti assegnato da secoli il compito di proteggere e controllare i più importanti snodi viari dell’odierna Campania. Fu Domenico Marzio Carafa duca di Maddaloni, morto nel 1703, ad acquisire il castello di Sant’Agata alla fine del Seicento; egli non ebbe molto tempo per abitarlo: d’altronde i Carafa di Maddaloni possedevano molte dimore sparse in Terra di Lavoro non tutte abitate e abitabili. Esse, una volta acquisite venivano assegnate a vari membri della famiglia in eredità, in modo che ciascuno iniziasse una nuova cellula per proprio conto.
Il castello di Sant’Agata fu assegnato alla figlia di Domenico Marzio, la duchessa Caterina Carafa della Stadera di Maddaloni sposata con Domenico Carafa principe di Colubrano, poco più che ventenne: la coppia decise di abitare presso il feudo poiché alcune sale del castello riportano testimonianza di un rinnovamento che mai sarebbe avvenuto in una dimora non abitata. Fanno parte delle decorazioni gli affreschi a immagini cosiddette “grottesche” della sala al primo piano dove il pittore Tommaso Giaquinto realizzò agli inizi del Settecento una scena raffigurante Diana e Atteone.