C’era una volta il Rosì, un brigante robusto e tozzo dai capelli biondo rossiccio praticamente invulnerabile. Le pallottole di piombo che i gendarmi dell’epoca gli sparavano con archibugi non scalfivano minimamente la sua pelle. Il Rosì viveva di furti che perpetrava nottetempo entrando nelle case degli sfortunati paesani del borgo di Gromo per rubare formaggi, uova ed altre cibarie.
La casa del Rosì era antica, con archi di pietra e lunghe gallerie scure che passavano sotto alla piazza del borgo fino al fiume Serio ed era circondata dai boschi della Val Seriena abitati da animali pericolosi. In autunno il Rosì si nascondeva lungo il percorso dove le greggi tragittavano dal pascolo al paese per rubare pecorelle agli sfortunati pastori, pecorelle che diventavano un buon arrosto caldo o un giaciglio per le fredde notti, ma un autunno il Rosì osò troppo.

La leggenda, ancora oggi tramandata dalle nonne del borgo ai piccoli come favola della “buona notte”, continua narrando di un autunno quando il Rosì non si accontentò di rubare una pecorella, ma rapì la sedicenne figlia bionda di un pastore rinchiudendola nella sua casa.

La giovane donna, spaventata e disperata, pregò la Madonna dell’Apparizione del vicino paese di Ardesio e questa le fece sentire, nel buio della sua prigione, il rumore delle acque del Serio che veniva dalle scure gallerie sotto la casa del Rosì. Tastando i muri nell’oscurità, la biondina trovò il passaggio per le gallerie e per grazia divina riuscì a tornare al paese.

Al paese la piccola raccontò l’accaduto e stavolta i gendarmi non potevano farla passare liscia al Rosì. Le pallottole di piombo non sarebbero bastate. Decisero quindi di armare i loro archibugi di pallottole d’oro sperando di farla pagare cara al brigante. Cosa che avvenne. Il Rosì morì crivellato dopo una caccia per mano di gendarmi e fu seppellito in una zona ombrosa del monte Cornalta dove le aquile fanno il nido e dove non arriva nessun suono, neanche quello delle campane.

Questa leggenda che, come dicevamo, è ancora tramandata oggi nel borgo bergamasco di Gromo è anche oggetto di laboratori artistici e folkloristici per i bambini del paese.
La morale della favola della curiosità di oggi è che pensiamo sia ammirevole che una leggenda dei tempi andati, faccia ancora parte della cultura e tramandata ai più piccoli per ispirarli a portare avanti così le antiche tradizioni.

Citando una frase dal sito dell’ufficio turistico di Gromo “Le vene bagnate dal sudore e dal sangue di antichi minatori, gli antri un tempo pieni di mistero e di leggende di eroi e di banditi ora non lo sono nemmeno più delle grida di ragazzini avidi d’avventura e di scoperte, alla ricerca delle pallottole d’oro del Rosì e delle fantasie dei primi innamoramenti”.

Avete delle leggende nel vostro borgo?
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