Che provincia, quella di Piacenza! Non bastavano i borghi di Bobbio, di Castell’Arquato o di Vigoleno a renderla unica nel suo genere, così medievale e così rappresentativa, non bastavano le leggende del ponte del diavolo o quella di San Giorgio ad avvolgere questi piccoli centri nel mistero, non bastava il dolce gusto del bargnolino per deliziare i nostri palati… No, non bastavano.
Poco a sud di questo capoluogo c’è un borgo che in realtà è un “falso d’autore” ma che nel suo contesto ha tutto per essere considerato un vero e proprio borgo medievale. Sto parlando di Grazzano Visconti, borgo riportato allo splendore trecentesco da Giuseppe Visconti di Modrone con la collaborazione dell’architetto Alfredo Campanini e, nientepopodimeno che, Gabriele D’Annunzio.
Padre del celebre regista Luchino Visconti (La terra trema, Senso, Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo, etc…), Giuseppe Visconti, che non a caso sembra aver reso questo borgo come il set di una rappresentazione cinematografica, non era solo un geniale visionario, ma anche capace di realizzare il borgo neo-medievale di Grazzano. Questo fece sì che Re Vittorio Emanuele III lo nominò duca e aggiunse il suo cognome al nome del paesino piacentino, ma sembra anche essere stato un discreto medium.
Forse solo un uomo di tanta genialità era pronto ad ascoltare e mettere, nero su bianco, i tratti della protagonista di questo luogo. Forse solo un uomo che aveva visto oltre quei ruderi depredati nei secoli dai contadini poteva capire il messaggio di Aloisa.
Fu un momento di trance, quando Giuseppe la ascoltò e la vide. Bassina, paffutella, con seno poco prosperoso e braccia conserte (così la si riconosce anche nelle statue in giro per il borgo), Aloisa si presentava al duca con la sua triste storia di donna tradita dal marito “un capitano della milizia locale”, morta per gelosia. Un cuore spezzato con uno spirito grande… Uno spirito ancora vivo che vaga tra le stanze del castello e tra le piante del vasto giardino, indispettito dagli scherzi di un amore effimero.
Oltre al folklore locale, sono diverse le testimonianze che avvalorano l’esistenza del fantasma di Aloisa. In primis diverse coppie sono state “disturbate” nel loro sonno durante la permanenza nel castello, con schiaffi e altri scherzi. Poi un giornalista di un quotidiano locale, il quale dopo aver registrato diverse interviste si accorse che sul nastro erano rimaste solo quelle lusinghiere nei confronti del fantasma. Poi un reporter di una stazione televisiva, che riuscì a fotografare la statua di Aloisa solo dopo averle fatto dono di una conversazione.
Sembra infatti, che per aggraziarsi lo spirito di Aloisa, e non incorrere nei suoi dispetti, si debba donarle una collana, dei monili, o portarle rispetto o consolazione… A lei che nell’amore non ebbe fortuna.
Aloisa è nel tempo diventata la protettrice dell’amore puro nel borgo di Grazzano Visconti, una sorta di San Valentino in gonnella, in grado di portare amore a chi le chiede aiuto e di vegliare sui sentimenti veri, indissolubili… Quelli da veri innamorati.
Naturalmente ci sono le malelingue che parlano di “trovata pubblicitaria”, ma passeggiando nel borgo, ascoltando la gente del luogo a riguardo, e notando le collane sulle statue a lei dedicate, ci si pervade della sua presenza, benevola e indispettita a tratti. Sicuramente uno spirito che fa sperare nel bene… Sicuramente un luogo da visitare e rimanerne affascinati.
Durante il suo incontro spiritico con il duca Giuseppe, Aloisa disse: “Io sono Aloisa e porto Amore e profumo alle belle che donano il loro sorriso a Grazzano Visconti”.
Foto Principale da Simona Terragni (Pinterest)