In Piemonte la cultura del cibo e l’arte del buon vivere si identificano da sempre anche con un ricco assortimento di specialità dolci da assaggiare tutto l’anno. Ma il periodo delle festività di fine anno è la migliore occasione per raccontare le bontà di alta pasticceria per accompagnare i brindisi in famiglia. Quella del Piemonte, infatti, è una storia fatta di irresistibili bontà, in primis dal cioccolato, per continuare con deliziose creazioni come il tipico torrone e il goloso panettone, che la tradizione porta in tavola in questi giorni.
Foto di Archivio Confartigianato Cuneo
Torino capitale europea del cioccolato
Ma cominciamo dal cioccolato. Materia prima di qualità e grande inventiva hanno fatto di Torino la capitale europea della lavorazione del cioccolato sin dalla seconda metà del ‘600, quando il cacao arriva in Piemonte con il duca Emanuele Filiberto di Savoia, al tempo al servizio di Carlo V di Spagna, primo regno ad introdurre in Europa il “cibo degli dei” dal centro America. La tradizione vuole che il duca abbia voluto simbolicamente servire una fumante tazza di cioccolata alla città, per celebrare il trasferimento della capitale da Chambery a Torino.
Foto di Giorgio Perottino, VisitPiemonte, GettyImages
Dal 1678, quando la bevanda di corte diventa privilegio diffuso in vendita al pubblico, l’arte della cioccolateria torinese conquista cuori e palato in forma solida e liquida: dalle tavolette vendute “in taglio” nelle botteghe, a specialità come il cremino o Torinese, con i tre strati di cioccolato: uno interno di pasta di cioccolato alla nocciola e i due esterni di crema gianduja. I ripieni Alpino, Favorito e Preferito, oltre a praline, tartufi e cri-cri, le tonde delizie con cuore di nocciola, ricoperte di cioccolato e minutissime sfere di zucchero colorate. E, ancora, il Boero, dal cuore di cioccolato ripieno di liquore.
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Nocciole e cacao: è grazie a Napoleone che nacque il giandujotto
In Piemonte non si può parlare di cioccolato senza parlare di nocciole. L’incontro tra i due ingredienti nasce dalla necessità di sostituire le nocciole, oggi “tonde e gentili delle Langhe” IGP, al cacao divenuto troppo costoso a causa del blocco ordinato da Napoleone nel 1806 sui prodotti provenienti dalla Gran Bretagna e dalle sue colonie. Di necessità si fece virtù e nacque così il cioccolato solidificato, ossia il gianduiotto. Ma sarà dal periodo di Carnevale del 1865 che la nuova creazione prenderà il nome dall’omonima maschera simbolo di Torino, ad opera di un mastro cioccolatiere locale. E il celebre spicchio a barchetta rovesciata a base di pasta gianduja sarà anche il primo cioccolatino ad essere venduto avvolto in carta d’oro o d’argento.
Non solo a Torino, ma in tutto il Piemonte, mastri cioccolatieri e pasticceri mettono da sempre la fantasia al servizio del cioccolato, creando squisite varianti: dai “baci” di Cherasco, un impasto di cioccolato fondente con nocciole tostate, ai Cuneesi al rum: un guscio croccante di cioccolato fondente che racchiude due cialde di meringa e una crema pasticcera al cioccolato fondente e rum; fino al bonet, il morbido budino al cucchiaio fatto con cacao, amaretti e rum. Esclusiva di Asti sono gli “Alfierini”, praline con l’effigie di Vittorio Alfieri, mentre a Castellazzo Bormida, in provincia di Alessandria, si trovano gli stuzzicanti canditi alla pera, alla rosa e al pompelmo ricoperti di cioccolato.
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Panettone basso, la “galuperia” del Piemonte
Forma bassa, ricco di burro, tuorlo d’uovo, morbida uvetta, delicate scorze d’arancia e cedro candito, ricoperto da una prelibata glassa croccante di nocciole e mandorle: sono queste caratteristiche a rendere unico il panettone piemontese e a distinguerlo dall’omonimo milanese. Nella ricetta tradizionale il dolce lievitato è una vera delizia, una “galuperia”, per dirla alla piemontese. Un aggettivo che difatti racconta l’autentica storia del panettone in Piemonte, che inizia negli anni ‘20, quando Monsù Ferrua decide di intraprendere nella sua piccola pasticceria di Pinerolo, in provincia di Torino, la produzione del dolce nella variante ben distinta dal formato milanese. Da allora, sono nate tante versioni particolari: dal panettone ripieno di morbida crema al cioccolato a quello al vermouth, omaggio al celebre liquore aromatico e bevanda reale nato a Torino nel 1786 dall’ingegno di Benedetto Carpano. Oggi il Panettone Glassato Piemontese (PAT regionale) si gusta anche con una buona porzione di zabajone.
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Torrone tipico, armonia di talento e inventiva
E a questo punto, al paniere di specialità dolciarie si può aggiungere anche una buona barretta di “toron ‘d ninsòle”, il torrone di nocciole tipico piemontese. Certo, l’impasto di mandorle e miele era noto sin dall’antichità e in diverse varianti. Ma in Piemonte la storia del torrone ha avuto uno sviluppo del tutto particolare, con l’introduzione delle nocciole al posto delle mandorle. Un esperimento che fece la fortuna di Giuseppe Sebaste, giovane aspirante pasticcere di Gallo d’Alba, frazione di Grinzane Cavour, nel Cuneese, che nel 1885 trovò la giusta combinazione tra albume d’uovo, miele e nocciole tostate. Talento e inventiva furono la scintilla per una produzione oggi conosciuta in tutta Italia ed apprezzata anche all’estero.
La produzione di torrone è tipica anche dell’Astigiano, dove vuole la tradizione che sia arrivata ad opera dei cuochi dei Visconti, signori di Milano, che intrattenevano stretti rapporti con i banchieri astigiani. La ricetta tradizionale del torrone d’Asti, così come la conosciamo noi oggi, si deve ad un pasticcere artigiano del luogo che la ideò verso la fine del ‘700. Il successo della produzione si ebbe a partire dal 1883, quando un suo discendente aprì a Mombercelli un laboratorio per la fabbricazione di torroni utilizzando la ricetta del suo predecessore. Oggi laboratori e pasticcerie dell’Astigiano propongono l’antica versione del tipico torrone friabile, frutto di una lunghissima preparazione.
Foto di Giorgio Perottino, VisitPiemonte, GettyImages
Un trionfo di biscotti e dolci della tradizione
Chi non conosce la piccola (a volte minuscola) pasticceria piemontese, le bignòle, da gustare in un sol boccone nei tanti gusti: crema, cioccolato, zabajone, caffè, pistacchio, panna e alla frutta? Ma ad addolcire le giornate invernali ci sono anche tante preparazioni tradizionali e artigianali: come il Pane di San Gaudenzio, dedicato al santo patrono della città di Novara, festeggiato il 22 gennaio. Pasta frolla di forma rettangolare o rotonda, cosparsa in superficie di di granella di pinoli o nocciole e zucchero a velo e un morbido ripieno a base di zucchero, uva sultanina, burro fuso, uova, aromi di vaniglia e limone. Una meraviglia! E che dire dei biscotti? Fragranti come i Bicciolani di Vercelli, aromatizzati con cannella, cacao e chiodi di garofano, i Brutti e Buoni di Borgomanero, i Krumiri di Casale Monferrato, i Canestrelli di Biella o del Canavese e della Valle di Susa, fino alle Margheritine di Stresa, ai Torcetti di Lanzo e alle paste di meliga in farina di mais. Senza dimenticare la grande famiglia degli amaretti, morbidi o secchi: utilizzati anche per preparare il bonet o le pesche ripiene, e persino come ingrediente del gran fritto misto alla piemontese, sono fatti di mandorle, zucchero e albume dell’uovo, con la nota amarognola delle armelline, il seme contenuto nel nocciolo dell’albicocca e della pesca. Ricordiamo quelli di Mombaruzzo, di Valenza, di Acqui, di Gavi e di Ovada e i piccolissimi Nocciolini di Chivasso che sposano meringa e nocciola.
Bonet – Foto di Archivio ATL Langhe
E per il brindisi, vini spumanti e aromatici
Una fetta di panettone, un biscotto o una pasta farcita vanno accompagnati da un calice di buon vino spumante o brut. E in Piemonte, terra fertile che vanta 17 DOCG e 42 DOC, la scelta non manca. Per l’occasione non si può non stappare una bottiglia di Asti Spumante DOCG o di Moscato. Entrambi nascono dal vitigno moscato bianco, che deriva il suo nome dal latino “muscum” (muschio) per la sua tipica e gradevole aromaticità e si ottengono dai vigneti coltivati nell’area del Basso Piemonte, compresa Asti, Cuneo e Alessandria. Orgoglio dell’enologia italiana, sono diventati patrimonio degli estimatori di tutto il mondo. Appagano il palato sia di chi adora le bollicine, sia di chi preferisce un gradevole vino bianco non spumante. Dalla stessa area, l’Alta Langa DOCG aggiunge un tocco di eleganza alla festa. Ottimo per un brindisi anche il Brachetto d’Acqui DOCG, coltivato sulle “colline degli aromatici”, nel territorio che si estende tra Astigiano e Alessandrino. Questo vino dal colore rubino, cangiante al rosato e al granato chiaro, dalle note fruttate e aromatiche, è tra i pochi che si abbina perfettamente con il cioccolato, esaltandone appieno le virtù. Vera raffinatezza nel bicchiere anche con il Gavi riserva spumante della provincia di Alessandria; senza dimenticare, dal Canavese, in provincia di Torino, l’Erbaluce di Caluso accanto al Caluso passito e al Caluso riserva DOCG.
Foto di Giorgio Perottino, VisitPiemonte, GettyImages
Foto principale di Archivio Confartigianato Cuneo
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