Vico del Gargano, in Puglia, (fino al 1862 chiamata Vico) è soprannominato il "paese dell'amore". La sua frazione San Menaio è una rinomata località balneare. Il territorio comunale presenta un'escursione altimetrica accentuata (da 0 a 782 m s.l.m.), dalle alture submontane della Foresta Umbra, alle spiagge di San Menaio e Calenella.
Il paesaggio nell'interno è tipico del bosco di faggi e di abeti, lungo la costa sono presenti foreste di pini d'aleppo (Pineta Marzini). Diffusissimi uliveti secolari e agrumaie mediante spettacolari terrazzamenti sulla costa. Vico del Gargano costituisce il cuore del Parco nazionale del Gargano comprendendo nel suo territorio la maggior parte della Foresta Umbra.
Con un profilo altimetrico che va dal livello del mare agli 800 metri della Foresta Umbra, il territorio di Vico del Gargano presenta una formazione geomorfologica molto antica: interglaciale Riss, nella parte collinare e, probabilmente, Würmiana nella piana di Calenella. In questi paesaggi, ricchi di acqua e di verde, si sono stanziate comunità preistoriche e protostoriche di cui avanzano significative tracce. Interessanti testimonianze del Paleolitico sono emerse in Foresta Umbra e Macchia di Mare, del Neolitico a Coppa Cardone e tracce dell’Eneolitico a Macchia di Mare. Dell’Età del Ferro è la necropoli rupestre di Monte Tabor e del periodo paleocristiano è la necropoli di Monte Pucci.
La tradizione storiografica fa risalire le origini di Vico intorno al 970 quando Sueripolo, condottiero degli Schiavoni, scacciati per conto dei Bizantini (altri, invece, propendono per l’Imperatore Ottone I di Germania), i Saraceni dal Gargano, ottiene di potersi stabilire nelle terre liberate assieme ai suoi. Sueripolo riunisce così alcuni casali entro mura di difesa, dando origine ad un primo nucleo urbano: la “Civitas” che, poi verrà chiamata Vicus e quindi Vico. Nel secolo XI, i Normanni conquistano anche le Terre garganiche, dove costruiscono fortezze e mura di difesa.
Anche a Vico edificano una prima fortezza, un castello che sarà in seguito ampliato e modificato dall’Imperatore Federico II di Svevia. Il castello (Castrum Vici) e la Chiesa Madre costituiscono gli elementi polarizzanti attorno ai quali si sviluppa il nucleo abitato medievale. In questo periodo Vico fa parte della contea di Lesina della famiglia Gentile. Nel 1266 gli Angioini invadono il sud e nel 1270 i feudi garganici sono così divisi: il Casale di Sfilzi viene affidato a Bernardo Stefano de Bacciniaco, mentre i "castri" di Vico, di Ischitella e Canneto a Raimondo Isardo, feudi che sono confermati anche agli eredi. Nel 1292/1293 a Teodisco de Cuneo vengono assegnati tutti i feudi, ovvero quelli di Vico, di Ischitella, di Canneto e Sfilzi.
Nel XIV secolo le terre di Vico vengono assegnate ai Borgariello. Nella guerra tra Angiò e Aragonesi avendo Ettore Borgariello tenuto per i vinti Angioini viene privato del feudo da re Alfonso. Nel 1495 Ferdinando II d’Aragona dona il feudo di Vico a Galeazzo Caracciolo, nobile napoletano, che si era distinto nel 1480 ad Otranto contro i Turchi.
Colantonio Caracciolo, erede di Galeazzo, è il primo Marchese di Vico per volontà di Carlo V di Spagna. Ma la sua fortuna si arresta di colpo. Suo figlio, Galeazzo II, si converte al Calvinismo e diventa seguace di Calvino a Ginevra. Colantonio non si perde d’animo e si reca in Spagna per ottenere dall’imperatore che i suoi feudi non vengano confiscati ai nipoti per colpa del padre.
La chiesa e il convento dei Cappuccini, che Colantonio fa edificare nel 1566, vogliono testimoniare la fede cattolica di un feudatario in crisi per la scelta calvinista del figlio. Alla fine del Cinquecento, Vico è uno dei centri più popolosi del Promontorio con 2000 (e oltre) abitanti. Il tessuto urbano si è allargato nella zona della Terra o Borgo Vecchio che ospita i burgenses (piccoli proprietari di terreni o case) e nella zona del Casale, ove trovano alloggio i rustici (braccianti agricoli).
La prima menzione relativa al Castello è contenuta nel Regestro di San Leonardo di Siponto e si riferisce ad un documento del 1113. Nel ‘600 la Signoria passa alla famiglia degli Spinelli, ed è in questo periodo che a Vico arriva una numerosa colonia illirica, costituita soprattutto da mercanti-artigiani dediti alla tessitura ed al commercio del panno.
Il XVIII secolo si caratterizza per un notevole risveglio culturale che porta alla fondazione di un cenacolo di intellettuali: l’Accademia degli Eccitati. Nel frattempo, l’economia vichese conosce un grande sviluppo, grazie alla coltivazione rinnovata degli agrumi. Nel 1792, viene costruito il Cimitero Monumentale di San Pietro sul Monte Tabor, il terzo in Italia fuori le mura cittadine, anticipatore dell’editto napoleonico di Saint Cloud del 1806.
Dopo l’impresa di Garibaldi, Vico segue le vicende e il destino di tutto il Sud unificato nel Regno d’Italia. La città, oggi, si presenta con una tipica fisionomia dell’arte dell’Alto Medioevo: in effetti, sono di quest’epoca il Castello, la Cinta Muraria e alcune chiese. Vico ha da sempre manifestato una particolare predisposizione alla fede, testimoniata dalla presenza di chiese urbane ed extraurbane, conventi, cappelle votive, un numero consistente per un centro agricolo di provincia.
Le Mura
Vico si caratterizza anche per un’imponente cinta muraria che circonda tutto il centro storico. Nel 1292 Teodisco de Cuneo, maestro dei balestrieri e uomo d’armi, provvide Vico di una superba cinta muraria guarnita di circa venti torri di forma circolare e quadrangolare. Era vietato creare aperture che si affacciassero sulle mura di cinta, ma era possibile praticare solo delle feritoie per la difesa. In seguito, alle mura venne aggiunto il cosiddetto Palazzo Caracciolo, che si trova addossato alla chiesa di San Martino: è tutto merlato e presenta finestre disposte simmetricamente. Le tracce delle mura medievali sono ben impresse nell’impianto urbanistico mentre le torri rimanenti, molte delle quali adibite ad abitazioni (case-torri), sono tredici tra le quali spiccano la Trusciglia, la Torre del sale, la Torre dei Piccolo, la Torre dei Fuliciazzo ed altre ancora.
I Trappeti
I trappeti erano i luoghi dove veniva prodotto l’olio. A quel tempo i trappeti venivano edificati sotto il livello stradale per il bisogno di avere ambienti caldi, con una temperatura costante di circa 14 gradi, per favorire la decantazione dell’olio dall’acqua di vegetazione. Il principale trappeto di Vico del Gargano era il “Trappeto Maratea”, oggi trasformato in un museo. Un documento del 1317 (archivio di Foggia) attesta la presenza di questo trappeto ipogeo: “trappetum terrae Vici apud castellum”.
Esso si trova all’ingresso del borgo medievale, alle spalle del castello federiciano nel quartiere del Casale. Nel frantoio (dal lat. frangere, mondare in pezzi) o trappeto (dal gr. trapeo, pigiare) c’è una grande vasca in pietra con due ruote di roccia, quattro presse lignee disposte in nicchie scavate nella roccia, un inghiottitoio per lo smaltimento dell’acqua di morchia e una cisterna interrata per la raccolta dell’olio. Le olive venivano ridotte in pasta dalle macine, poi tale composto veniva versato sulle “friscole” sovrapposte e con la torchiatura si otteneva la spremitura totale delle olive, dalla quale uscivano olio e acqua che venivano raccolti in tini di legno di quercia, posti ai piedi dei torchi.
Quindi,dopo la successiva separazione per decantazione dell’olio dall’acqua, veniva recuperato l’olio e conservato in cisterne di pietra. Al Trappeto Maratea, si pensa sia stato aggiunto, dopo alcuni secoli, un nuovo ambiente, probabilmente una chiesa. Infatti, sono riscontrabili alcuni elementi architettonici come un’epigrafe e tre archi che fanno pensare anche ad un luogo di culto.
Borgo di Vico del Gargano
Comune di Vico del Gargano
Provincia di Foggia
Regione Puglia
Abitanti: 7.766
Altitudine centro: 445 m s.l.m.
il Comune fa parte di:
I Borghi più belli d'Italia
Città e siti patrimonio mondiale Unesco
Aree naturali protette:
Parco Nazionale del Gargano
Il Comune
Piazza San Domenico 5 - Tel. 0884-998311