Posto in cima a un colle boscoso che da un lato domina il Lago di Piediluco e dall'altro l'immensa falesia del Monte Terminillo, la storia di Labro è millenaria. Una rocca a guardia degli antichi confini fra le terre umbre e reatine che ha saputo mantenersi intatto nel corso dei secoli.
Labro è stato il primo borgo del Lazio ad avere la ventura di essere integralmente sottoposto a un restauro di tipo conservativo. Alla fine degli anni '60, il paese antico, quasi completamente spopolato in virtù della scarsa agibilità alle autovetture, fu 'scoperto' da un architetto belga che intraprese un'ispirata quanto ardita opera di recupero urbanistico.
Ritrovamenti di valore archeologico di insediamenti protostorici avvenuti vicino a Labro attestano come, prima del parziale prosciugamento del Lacus Velinus, avvenuto in epoca romana, le popolazioni si rifugiavano sulle colline per sfuggire al clima malsano.
Incerta è l'origine del nome del paese: per alcuni deriverebbe dal latino "aper, aprum" cinghiale. Secondo una leggenda, la prima fortezza di Labro venne edificata da un patrizio reatino, il signore De' Nobili, il quale, in occasione di una battuta di caccia, aveva fatto promessa di costruire un castello nel luogo dove avrebbe abbattuto il suo primo cinghiale; e, quasi a memoria del fatto, ancor oggi lo stemma del paese reca su di sé l'immagine di un cinghiale sotto una quercia. Per altri, e questa sembra l'ipotesi più probabile, il nome Labro sarebbe una derivazione di "lavabrum" che in latino vuol significare "vasca, bacino": questo anche per la prossimità al paese del lago di Piediluco, un tempo assai più esteso, sul cui bordo il paese sarebbe venuto anticamente a trovarsi.
Labro appare per la prima volta nelle cronache quando, nel 956, re Ottone riunì tutti gli insediamenti sorti nel circondario: è l’inizio dell’era feudale e della storia del paese. Dal Decimo secolo dell'era moderna si hanno già notizie precise sulla contrada e sul castello di Labro, fatto costruire dai Nobili a somiglianza della Rocca di Spoleto; e dal 956 inizia la storia feudale del paese, quando l'imperatore germanico Ottone I investe Aldobrandino de'Nobili signore di Labro e concede a lui, oltre al titolo suddetto, la signoria di altri 12 castelli situati tra il ducato spoletino e il contado di Rieti.
Nel periodo medioevale innumerevoli furono le guerre che Labro combatté contro i castelli vicini, specialmente contro la rocca di Luco. Proprio per una di queste guerre la famiglia de' Nobili venne a perdere, nella seconda metà del '400, la signoria di Labro e l'inespugnabile arroccamento che sorgeva nella parte alta del paese comprendente, tra l'altro, un'altissima torre dalla cui sommità tutto il cuore d'Italia poteva essere scrutato.
La famiglia Nobili donò nel XII sec. a S. Giovanni in Laterano la quarta parte di Labro per trovare un valido appoggio nella lotta contro o Normanni, che all'apice del loro splendore furono ai confini di Morro. All'antica famiglia dei signori rimase solo la cinta delle mura del castello, e appoggiandosi a questa Giordano De' Nobili, nel XVI secolo edificò un palazzo forte, tutt'ora esistente e di proprietà della famiglia Nobili Vitelleschi .
Un episodio memorabile che viene ancora raccontato accadde durante la Seconda Guerra Mondiale. Durante una rappresaglia cinquantuno uomini di Labro furono messi al muro. Fu solo per il deciso intervento della Marchesa Maria Giovanna, che si riuscì a rimandare l'esecuzione grazie alla sua conoscenza del tedesco e ad una preziosa abilità diplomatica, salvando così la vita di un paese intero.
Nel corso del '200 Labro si unì al contado di Rieti e ne seguì le vicende. Questa storia affascinante si legge, ancora oggi, negli edifici conservati attraverso un restauro attento e rigoroso.
Nel borgo si entra attraverso la Porta Reatina, sormontata da un bell'arco a tutto sesto; lo scenario che si presenta, dopo averla attraversata rigorosamente a piedi, è quello di un inerpicarsi di stradine di pietra fiancheggiate da palazzi, dove ogni particolare architettonico ci parla del passato. In Via Vittorio Emanuele risalta una bella finestra guelfa ed una porta con bugnato a rilievo che nell'architrave ha la scritta: "actionum gloria finis".
Nel cuore del paese si trovano le tre porte incastonate in mura che formano una piccola aula, dalle quali si dipartono tre arterie che si snodano nel paese; una di esse conduce al palazzo Nobili Vitelleschi la cui visita riserva mirabili sorprese, da un arredo ben curato ad un archivio completo della famiglia stessa. Proseguendo verso la parte alta del paese si arriva alla Chiesa Santa Maria eretta in collegiata nel 1508. Dopo la Chiesa si arriva nella parte più alta del paese dove è presente uno splendido teatrino, cornice di raffinate rappresentazioni, dal quale si può ammirare un emozionante panorama che si perde all'orizzonte sul lago di Piediluco.
Fuori del paese, presso il cimitero ci sono la Chiesa di Santa Maria della Neve e un antico convento dei Francescani Osservanti che si insediarono alla fine del XVII secolo. Oggi il complesso, accuratamente restaurato, permette di ammirare l'antico e il moderno in perfetta simbiosi. Altre perle di questo posto sono palazzo Crispolti con un bellissimo giardino interno e una antica fonte del XV secolo.
Labro gode di un ampio panorama: i monti innevati del gruppo del Terminillo ad Est, il lago di Piediluco ad Ovest, la strada statale che si inerpica per Leonessa, Cascia, Norcia; crescono il castagno, l'alloro "nobilis"; nelle valli, il vento fruga i prati e fa palpitare le spighe.
Le antiche case, i nobili palazzi sono stati ristrutturati negli ultimi anni dall'architetto Ivan Van Mossevelde; per merito di questo architetto l'inconfondibile silhouette si staglia nuovamente, nitida, nell'azzurro, con i suoi originali contorni.
Tra le attività economiche più tradizionali, diffuse e rinomate vi sono quelle artigianali, come l'arte dell'arazzo.