Il monastero adottò la regola vallombrosana già nell'XI secolo per opera di Giovanni Gualberto, che qui morì nel 1073. Il complesso monastico appare ancora oggi racchiuso all'interno della cortina muraria quattrocentesca a pianta quadrangolare con torri d'angolo ma sono evidenti le integrazioni neogotiche realizzate alla fine del XIX secolo quando, soppressa la comunità monastica, venne trasformato in una villa. La chiesa abbaziale, a pianta a croce latina, è stata quasi interamente ricostruita dalla seconda meta del XVI secolo e internamente affrescata dal Passignano e da Alessandro Allori.
L'intitolazione a san Michele arcangelo suggerisce come epoca di fondazione l'epoca longobarda, visto il particolare culto tributato all'"angelo guerriero" da parte del popolo germanico. Nell'aprile del 1121 si accampò presso il monastero l'esercito guidato da Corrado di Scheiern marchese di Toscana che, in quell'occasione, confermò ai monaci i loro privilegi; probabilmente nel monastero soggiornò anche l'imperatore Federico Barbarossa il cui ritratto venne dipinto in una sala. Il 20 novembre 1199 Firenze impose ai monaci di Passignano il giuramento di non ordire alcun complotto né alleandosi col papa, né alleandosi con l'imperatore. Ma era tardi, poiché Passignano era già alleata della famiglia filo imperiale degli Alberti che, contro Firenze, costruì una città: Semifonte. Alla costruzione della città partecipò anche Passignano, realizzando una chiesa ed un ospedale. La ricchezza del monastero nel XVI secolo portò i monaci a progettare l'ampliamento della chiesa abbaziale.
Come nei secoli precedenti i mutamenti politici di Firenze avevano ripercussioni a Passignano. Come detto in precedenza il ritorno al potere dei Medici comportò l'esilio dell'abate. Oltre al monastero perse di importanza anche l'intero ordine Vallombrosano ridimensionato dal Concilio di Trento e dallaControriforma, dai nuovi ordini religiosi e dalla evangelizzazione delle nuove terre che portarono ad un ridimensionamento del ruolo dei monaci. L'ordine cambiò anche nome, divenendo nuovamente Congregazione di Santa Maria di Vallombrosa e anche la sede che dal 1550 venne posta nel monastero di San Bartolomeo a Ripoli dove risiedeva l'abate generale e la curia generalizia. Per Passignano questo fu il periodo in cui si accentuò il suo aspetto monastico divenendo sede di uno studentato. Si iniziò anche uno studio approfondito della matematica e delle scienze esatte; per l'insegnamento della matematica fu chiamato nel 1588 Galileo Galilei, che in gioventù aveva avuto una esperienza monastica a Vallombrosa.
Il 10 ottobre 1810 il monastero venne soppresso dalle leggi napoleoniche. La vita monastica di Passignano si interruppe e venne disperso l'intero patrimonio archivistico e tutta la biblioteca. Passato Napoleone Bonaparte venne la Restaurazione e ai vallombrosani vennero restituiti il monastero di Vallombrosa, il Santuario di Montenero e la chiesa di Santa Trinita a Firenze. Solo nel 1818 i Vallombrosani riuscirono a riacquistare Passignano e l'intera tenuta; subito venne ricostituita una piccola comunità con sacerdoti e pochi monaci conversi. L'abate fu possibile nominarlo solo nel 1858 quando anche la comunità era più numerosa. el 1866 con le leggi Siccardi vennero soppressi tutti gli ordini religiosi e il governo italiano divenne il proprietario di tutto. Assegnò in custodia ai pochi monaci rimasti una piccola parte del monastero e la chiesa che aveva funzioni di parrocchia per il borgo. La Badia a Passignano venne messa all'asta e venduta il 7 ottobre 1870 al conte Maurizio Dzieduszycki in quanto lo stato italiano non sapeva cosa farsene. Per i monaci rimasti nel 1875 venne fatta costruite al posto di un vecchio fabbricato l'attuale canonica posta sulla sinistra della chiesa abbaziale. Il 10 ottobre 1986 i monaci vallombrosani ripresero possesso del monastero.
La Chiesa Abbaziale
Un oratorio dedicato a san Michele Arcangelo esisteva già prima del mille ma l'attuale chiesa venne costruita a partire dal 1266, dopo che tutto il monastero era stato bruciato dagli Scolari nel 1255. La facciata esterna presenta un portale sovrastato da una lunetta nella quale è dipinto un affresco ottocentesco di Filadelfo Simi raffigurante la Madonna col Bambino e due Angeli; sopra la lunetta c'è uno stemma in pietra dei Monaci Vallombrosani. Sulla punta estrema della facciata è collocata la copia di una statua raffigurante l'Arcangelo San Michele che uccide il Drago risalente al XII secolo mentre l'originale, attribuita a tale Arriguccio marmoraio documentato a Passignano nel 1177, è conservata all'interno del monastero. L'interno della chiesa, dall'iconografia a croce latina tipica delle chiese vallombrosane è caratterizzato dal recinto del coro monastico posto a metà circa dell'unica navata; ai lati dell'ingresso del coro sono poste due tavole del XVI secolo dipinte da Michele di Ridolfo del Ghirlandaio: la tela di destra raffigura gli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele riconoscibili per i caratteristici simboli mentre quella di sinistra raffigura la Natività nella quale la figura di san Giuseppe si appoggia ad un bastone in cui è dipinto lo stemma dell'abate Ungaro, committente delle due opere.
Si accede alla cripta da un porta situata nella parete sinistra della cappella di san Giovanni Gualberto. La cripta è riferibile alla primitiva chiesa dell'XI secolo. Si presenta divisa longitudinalmente in tre navate con le volte a crociera sostenute da colonne di spoglio e da mensole appoggianti al muro. Al centro del pavimento è posta una scritta che indica il luogo della prima sepoltura di san Giovanni Gualberto qui rimasto dal 1073 al 1210. Il Reliquiario di san Giovanni Gualberto è formato da un busto in argento cesellato e sbalzato realizzato nel XV secolo con aureola realizzata da Paolo Sogliani nel Cinquecento mentre il basamento decorato con una ghirlanda di venti edicole con pinnacoli e cuspidi presenta all'interno di ogni edicola delle scene che raffigurano al vita del santo, in finissimo smalto realizzato tra il 1324 e il 1332.
Il Monastero
L'aspetto esteriore del monastero, che sorge a fianco della chiesa, è quello di un forte castello militare dotato di cinque torri angolari. L'aspetto interno però rivela che ci troviamo in una tipica abbazia benedettina. Attualmente l'ingresso è situato nella torre posta alla destra della facciata della chiesa. La torre, la facciata alla sua sinistra fino alla chiesa, la facciata interna rivolta verso il giardino e fino all'altra torre costruita sopra l'ingresso originario sono tutte opere realizzate dopo il 1870 quando il complesso, ormai passato in mano ai privati, venne trasformato, su progetto dell'architetto Uguccioni di Firenze, in una villa-castello in stile neogotico, secondo la moda del tempo. Del XV secolo è il monumentale portone d'ingresso al chiostro. Si tratta di un'opera lignea intagliata sulla facciata esterna e intarsiata su quella interna, incorniciata da un altrettanto monumentale portale quattrocentesco realizzato in pietra serena dagli scalpellini Andrea di Neri e Mariotto da Settignano.
Il chiostro venne terminato nel 1483 e subito dopo venne chiamato Filippo di Antonio Filippelli a dipingere le pareti interne con la Vita di san Benedetto, gli affreschi rappresentano la vita del santo dal momento in cui lascia Roma al momento della morte. Gli affreschi vennero rovinati nel 1734 quando venne deciso di ricoprirli con una imbiancatura a calce e solo all'inizio del XX secolo vennero riportati alla luce e restaurati, ma per le scene poste vicino al tetto si dovette procede ad un rifacimento.