Quella notte in cui misi piede per la prima volta nel misterioso villaggio operaio di Crespi d’Adda

Quella notte in cui misi piede per la prima volta nel misterioso villaggio operaio di Crespi d'Adda

Uno dei periodi che più hanno inciso la mia vita è stato senza dubbio quello a cavallo della maggiore età. Studiavo alacremente per ottenere la patente che mi permetteva finalmente di uscire dal guscio del mio paesino della Brianza più vicina alla bergamasca. Era il periodo delle prime uscite con amici più grandi, già automuniti, il periodo primaverile del 1992, quando, per impressionare le belle della compagnia, le si portava a visitare vecchie chiese e spiaggette nascoste lungo l’Adda, fiume che ho sempre ritenuto magico ed enigmatico al tempo stesso.

Eravamo come dei Goonies in erba… come dei giovani Ghostbusters che non temevano a e nessuno.

Fu durante una di quelle serate “alla scoperta del nostro innocente ignoto” che uno dei miei, ancor oggi più cari amici, disse che c’era un posto che ci avrebbe sicuramente incuriosito e ci avrebbe regalato una serata piena di emozioni sinistre. Un villaggio fermo nel tempo a pochi chilometri dal nostro punto di partenza, Busnago. Si trattava del villaggio operaio di Crespi d’Adda, un luogo che mi è rimasto impresso nell’anima fin dal primo momento in cui vi sono entrato.

Come nostra consuetudine ci si riuniva in piazza dopo cena, per dividerci nelle poche macchine al tempo disponibili, e partire, con il favore del buio, alla scoperta… e quella volta non ci saremmo dovuti confrontare con la solita chiesetta semi abbandonata, con la solita spiaggetta dove si sperava di amoreggiare o con il solito sentiero nei boschi oppure sotto gli scuri ponti dell’Adda. Quella volta dovevamo confrontarci con il cimitero di un intero villaggio rimasto fermo agli inizi del 1900.

Arrivando a Crespi di sera, dalla strada che arriva da Capriate San Gervasio, passando sopra il suggestivo ponte di Trezzo d’Adda, non si può non rimanere senza fiato. La strada è dritta, in discesa, lunga un chilometro o poco più.

Quella notte, giunti all’ingresso del paese, non c’era ancora traccia delle case operaie o dell’imponente filanda, entrambe ancora nascoste da un muro e dagli alberi. Davanti a noi si stagliava soltanto una cosa: la sagoma del mausoleo piramidale, con la cima illuminata solo da alcuni faretti. La si vedeva già in lontananza, dritto davanti a noi, all’estremità del cimitero, dopo un viale circondato da due file di alti e sinistri cipressi. Non eravamo ancora arrivati all’ingresso che le ragazze erano già spaventate, e devo ammettere che un velo di paura era calato anche su di me.

Continuando lungo il viale, giunti all’altezza dell’abitato, l’atmosfera era sempre più pregna di timore e mistero. Alla nostra destra la vecchia filanda, a sinistra le case operaie tutte uguali. Sembrava davvero che il tempo si fosse fermato, quasi a voler trattenere l’antica quotidianità di quel luogo. Davanti a noi, sempre più vicino e sempre più scuro, con il suo mausoleo illuminato, ecco il cimitero di Crespi d’Adda. Anche se sapevamo che il villaggio era ancora abitato, in giro non c’era “anima viva”.

Arrivati alla fine del viale percorribile in auto, parcheggiammo le macchine in una viuzza laterale, per non dare troppo nell’occhio, e pieni di curiosità, iniziammo a camminare lungo la parte di viale che conduceva ai cancelli del cimitero, sotto gli occhi delle due alte file di cipressi, e noi ci sentivamo come osservati. Camminavamo lenti, tutti uniti, anche i più impavidi di noi, quelli che su queste cose ci scherzavano sempre su, in quel momento neanche loro riuscivano ad essere divertenti, e nessuno aveva la forza di ridere. L’atmosfera era lugubre e i secondi non passavano mai, scanditi dai nostri lenti passi.

Ormai in prossimità del cancello del cimitero, struttura di pesante metallo battuto con punte per non permettere a nessuno di scavalcarlo, persino l’aria primaverile smise di essere fresca. L’atmosfera era come se si stesse congelando. Alla vista delle tombe, dovemmo ammettere che non erano poi così spaventose; era il mausoleo che ci rendeva nervosi. Venne edificato come cappella funeraria per la famiglia Crespi. Sulla cima, guardandoci dall’alto, si stagliava la figura di una donna seduta, come se vegliasse su qualcosa. Il cimitero era di forma rettangolare con mura su tre lati, come fosse un gigantesco, sinistro abbraccio, come a dimostrare la benevolenza dei signori Crespi verso gli operai del villaggio, che qui vennero sepolti.

La donna del cimitero di crespi - foto letiziaturra.com

Non nascondo che il nostro intento iniziale, per impressionare le ragazze, era quello di scavalcare i cancelli e di fare una passeggiata fino agli scalini del mausoleo, ma dopo alcuni minuti passati in silenziosa contemplazione, la voglia ci passò… eravamo sempre più inquietati da quel luogo… decidemmo così di provare a calmarci, concedendoci una “rilassante” passeggiata tra le file delle abitazioni, abbandonando l’idea di esplorare il cimitero. Nonostante fosse primavera, una leggera foschia abbracciava l’abitato, e, di nuovo, dovemmo constatare che non c’era in giro anima viva.

Durante quella camminata condividevamo le sensazioni che ognuno di noi aveva appena provato. Qualcuno sosteneva ci fossero i fantasmi, qualcun altro prese a raccontare dicerie sentite riguardo le tombe dei bambini, altri ancora continuavano a pensare a quella figura di donna scolpita in cima al mausoleo, credendo fosse una dea che vegliava sulle anime di chi era sepolto in quel cimitero, oppure una madre.

Molti anni sono passati da quella notte, ma le mie sensazioni riguardo al villaggio di Crespi d’Adda non sono mai cambiate.

L'orologio della filanda di crespi d'adda - foto letiziaturra.com

Ormai conosco quel luogo a memoria. Quante giornate spese a visitare le viuzze tra quelle case tutte uguali; quante notti passate sulle spiagge del Brembo, raggiungibili dal cimitero di Crespi attrverso un sentiero immerso nei boschi, alla destra delle mura di cinta. Quanti momenti passati a fissare in silenzio l’orologio della filanda, che ancora oggi segna le 16.51.

Crespi d’Adda mi ha regalato molte emozioni, e ancora me ne regala ogni volta che valico i suoi cancelli. Mi capita ancora, con i miei amici più cari, di organizzare grigliate estive lungo le sponde del Brembo passando dietro il cimitero, e ogni volta che mi capita di uscire dall’A4 a Trezzo o a Capriate non manco mai di passare da quelle strade.

Sono sempre rimasto affascinato dalle costruzioni, perfettamente ristrutturate, dall’atmosfera misteriosa di cui è pregna l’aria, dal pensiero che un giorno questo luogo fosse un fiorente villaggio operaio che deve la sua storia ad una famiglia volenterosa e benevola nei confronti dei suoi cittadini e operai. Una realtà che non è solo da vedere in una soleggiata domenica d’estate, ma che va vissuta con quello spirito da avventuroso adolescente che mi ha portato lì la prima volta. Lo spirito libero di quei giovani “alla scoperta di un innocente ignoto” in una notte di primavera. Per dare più senso alle mie parole, vorrei invitarvi a visionare il seguente video.

Foto da letiziaturra.com e irintronauti.altervista.org

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